Lo rifarei
Febbraio 13, 2021![](https://www.viaggivoltiparole.it/wp-content/uploads/2021/05/pachina-scaled.jpg)
vorrei sedermi al sole
Maggio 17, 2021Le 22,00: l’ora di cenerentola, le streghe, il coprifuoco anticovid.
Un tempo misterioso si è fatto, curioso, leggero nel suo tragico scorrere taciturno. A quell’ora esatta arrivo per guardare in faccia il passato e tracciare un ordine improbabile. Alla stazione di Firenze, mi aveva colpito il suono, potevo distinguere le voci, i motori dei taxi, uno per uno. Fugato quel brusio indistinto che stringe le tempie, l’aria trasmetteva identità sonore. A Figline Valdarno siamo scesi in tre dal treno, ci siamo guardati, complici e fuggiaschi. Mi sorseggio la lentezza del passo, inseguendo gli incontri, i treni persi, quella panchina era così? Tutto è acceso e vuoto, i monitor con gli arrivi e partenze, la sala d’attesa, le biglietterie automatiche, al di là dello sportello abbassato avverto un sogno di voci, svaniscono. Il Bar? Ovviamente serrato. Mi metto fuori, davanti all’ingresso principale, non capisco se l’aria sia tiepida sprizzata di venticello fresco, comunque è piacevole.
Dopo mesi di rincorsa al tempo mi lascio attraversare dall’attesa. Alcune mie amiche del luogo sono preoccupate per me, cerco di tranquillizzarle. Anche qui il torpore acustico si è dipanato per diventare suoni narranti. Stasera c’è la raccolta del vetro, il motore, la frenata, lo sportello che si apre, il secco suono del vetro che cade. Per l’operatore è più facile lavorare, niente traffico, macchine ferme. In direzione del semaforo, laggiù a un centinaio di metri, sono richiamata al presente da voci di ragazzini, sguaiate ed esageratamente urlanti, li vedo passare nella luce arancione in biciclette troppo grandi per loro.
L’orologio della stazione segna le 22,20.
Un gatto miagola, una porta si apre e si chiude, silenzio. Un rimbalzare di tapparelle che si chiudono, ognuno diversa: più lenta, pesante, leggera, risoluta. Televisori accesi. Un rettangolo di luce bianca, si sposta a destra, diventa calda e verticale, prosegue e si acquieta flebile e pensierosa.
Respiro
Mi ascolto
Una persiana si apre, la piazza è divisa da un fischiare sottile, uno scampanellio miagolante corre, la
persiana si chiude e segue porta aperta e chiusa. Il mezzo della raccolta vetro zigzaga la notte.
Una macchina bianca sgomma, passa e ripassa, in una sorta di circuito cittadino, è grottesca.
Lo sferzante fruscio della linea aerea della ferrovia annuncia un treno in arrivo. Un’auto si ferma davanti all’uscita del sottopassaggio. Il treno frena, riparte, un ragazzo sale nell’auto, via.
Non arriveranno altri treni fino a domani mattina, lo schermo degli arrivi e partenze è solitario.
Oltre il semaforo lampeggiante, osservo l’oscillare di un uomo massiccio sulle sue gambe a parentesi tonda, il braccio, teso in diagonale, si prolunga sottile. Da dietro la sagoma di una macchina, alla fine della linea sottile, esce un cane minuscolo dalla coda inquieta che si trascina quel corpulento pendolo.
L’ultima immagine, un messaggio mi dice che stanno venendo a prendermi.
Inizio a sentire freddo, ho voglia di dormire per continuare a rimanere così appesa all’ora esatta.
Per la foto, ringrazio Sofia D’Aprile